Quattro anni dopo, obiettivo: non ripeterci!

Martedì 4 marzo 2008. Nuvole nere cariche di pioggia. Temperature a picco a 4°, dopo un intero weekend trascorso in maniche corte. È la nuova perturbazione, probabilmente l’ultima prima dell’inverno, che sta portando un netto peggioramento delle condizioni meteorologiche. Ma San Siro se ne fregherà di pioggia e freddo, tanto ci è abituato. E poi l’evento di stasera è troppo importante: il Milan si gioca l’accesso ai quarti di finale della Champions, traguardo sempre raggiunto nelle ultime 5 edizioni. Sembra una storia già vista: 0-0 in trasferta, la qualificazione si decide in un San Siro che non ha mai tradito i rossoneri nei ritorni della fase ad eliminazione diretta. Si veda Ajax 2003 (3-2), Sparta Praga 2004 (4-1), Lione 2006 (3-1), Celtic 2007 (1-0 d.t.s.). Tutti match inaugurati da uno 0-0 in trasferta e vinti al Meazza.

Non si può sbagliare. Troppo giovane l’Arsenal, troppo forti noi, freschi campioni del mondo. Eppure Van Persie, Fabregas e Adebayor odorano di uomini in grado di fare un’impresa. E quelle nuvole nere… San Siro è ovviamente stracolmo. La Champions non passa di qua dal 4 dicembre, Milan-Celtic 1-0. L’artiglieria c’è tutta: Gilardino, Inzaghi, il neo acquisto Pato, e soprattutto Kakà, la stella che ha guidato il Milan fin sul tetto del mondo. Poi Ambrosini e Pirlo, Maldini e Nesta. C’è tutto per segnare un gol più di loro: c’è la tecnica, la forza, e soprattutto l’esperienza internazionale. I giovani Gunners si presentano a San Siro con maglia bianca, pantaloncini amaranto e piglio da guerrieri.

Il Milan appare leggermente affaticato, quasi si trascina, non sembra aver voglia di stupire. Un po’ è preso in contropiede dall’Arsenal, che non si macchia di alcun peccato di troppa umiltà o timore reverenziale. Un po’ è scarico, non è la squadra elettrizzata ed elettrizzante di tante battaglie europee. Fabregas coglie una traversa che scuote l’intero quartiere di San Siro. Kakà non fa accelerare la squadra come altre volte, le sue galoppate che spaccano la squadra avversaria oggi non gli vengono. Merito della trama disegnata da Wenger, ma anche della prestazione dello stesso brasiliano, che si aggira attorno al 5.

Pato ci prova, ma l’esplosione in Italia non si ripete in campo europeo. Maldini e Nesta reggono molto bene, ma fino a 5 minuti dal 90’. Cesc Fabregas riceve palla a centrocampo, avanza rapido, supera Gattuso e decide che è l’ora: il giovane spagnolo fa scoccare un tiro formidabile e pauroso. Kalac si lancia, ma non può nulla. La palla si infila in porta a velocità supersonica, dopo aver rimbalzato davanti al portiere australiano, e la prima cosa che incontra una volta superata la linea non è la rete, ma il palo interno della porta (per dire la precisione). 1-0, è la caduta dei giganti.

Al 94’ è Theo Walcott, astro nascente del calcio inglese, a fare il resto: raccoglie una palla sulla fascia, supera con un tocco Kaladze, rischia di scivolare, si rialza, cross teso tra la difesa che sta chiudendo e la porta. Si avventa Adebayor: 2-0, fine dei giochi. Onore ai Gunners, mentre gli applausi di San Siro ai ragazzi che hanno dominato in ogni dove e in ogni quando per 5 anni è la cartolina della partita. L’unico rammarico è che la stagione rossonera (fuori in Coppa Italia agli ottavi e gap troppo ampio da recuperare in campionato) finisce qui. In data 4 marzo. Troppo presto. Decisamente troppo presto.

E l’Arsenal? In realtà non andrà troppo lontano, perché il Liverpool lo sbatterà fuori al turno successivo (1-1 all’Emirates, 4-2 ad Anfield). Nella finale di Mosca trionferà il Manchester United sul Chelsea, mentre Fabregas vincerà l’Europeo con la Spagna. Pensate che il rigore decisivo che eliminò l’Italia ai quarti di finale fu tirato proprio da lui.

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