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La strada: risalire la classifica con il 3-4-3

L. Ferrato – BBC

Più di dieci anni fa, dopo il pareggio casalingo con il Deportivo La Coruna che costò al Milan l’eliminazione dalla seconda fase di Champions League e a mister Zaccheroni la panchina dei rossoneri, Galliani tuonò: “Finché ci sarà questa proprietà, il Milan non giocherà più con la difesa a tre. I quattro dietro fanno parte del DNA di questa squadra, faremo in modo che questo diventi un mantra per ogni allenatore in futuro“. E così è stato. A parte la parentesi un pò cervellotica di Terim, che comunque giocava con i 4 dietro, Ancelotti, Leonardo ed Allegri, hanno sempre rispettato le consegne aziendali. Quattro difensori fissi e le variazioni semmai venivano fatte dal centrocampo in su, arrivando anche al famoso 4-2- fantasia, enfatizzato oltre il dovuto dalla coppia Galliani-Leonardo.

A Malaga – quindi un’altra spagnola nel destino – Allegri ha voluto cambiare impostazione tattica, “contravvenendo” alle imposizioni della proprietà, schierando una difesa a 3, che spesso diventava a 5, vista anche la pressione operata dagli uomini di Pellegrini. Infatti sia Constant a sinistra che De Sciglio a destra, hanno dovuto più correre all’indietro che non in avanti, non rendendosi mai pericolosi nei pressi dell’area avversaria. Nonostante la sconfitta rimediata in Champions, Allegri ha riproposto la stessa interpretazione tattica con il Genoa, con Bonera, Zapata e Yepes a formare la barriera di difensori e con Abate e Antonini questa volta con compiti prettamente offensivi, visto che i rossublù di Delneri difendevano a volte anche con 6 uomini. Così, abbiamo visto un vero 3-4-3, quasi di zaccheroniana memoria, con gli esterni però che spingevano poco e i tre d’attacco – Emanuelson, El Shaarawy e Pato – quasi completamente scollegati dalla linea mediana. La partita ha vissuto così lunghi momenti di stanca, con il Milan a fare un possesso palla sterile e con occasioni da gol completamente assenti.

Unica variabile al tema, El Shaarawy. Si, perchè è stato ancora una volta il Faraone a “spaccare” la partita, grazie alle sue accelerazioni, ai cambi di ritmo, a quelle rincorse all’avversario fin al limite dell’area difesa da Amelia. Non poteva quindi che essere lui il protagonista della partita, proprio Stephan nel giorno del suo 20° compleanno, festeggiato in un San Siro freddo, vuoto e abulico, che già si stava preparando alla consueta bordata di fischi appena l’arbitro avesse decretato la fine. Da qui però bisogna ripartire. Da un El Shaarawy in forma strepitosa, da un Montolivo in crescita anche se ancora su ritmi estivi, da un De Jong che piano piano  ma molto piano) sta cominciando a prendere coraggio, provando anche a verticalizzare il gioco. Allegri ha ribadito più volte che la difesa a tre dà sicurezze alla squadra, da la possibilità agli esterni di avventurarsi in attacco e dovrebbe favorire anche una certa solidità difensiva che però (e siamo già a fine ottobre) non si è ancora vista.

Ora l’allenatore rossonero dovrà lavorare anche su un attacco asfittico che, non solo fatica a far gol, ma ha enormi difficoltà a crearsi anche occasioni da rete. Ok, mancano i rifornimenti, Montolivo e De Jong, per non parlare degli esterni, fanno arrivare pochissimi palloni lassù in attacco, ma avete visto qualche spunto individuale di Pato, Pazzini o Bojan nelle ultime partite? Non dico un tiro all’incrocio o un anticipo di testa su un avversario, ma anche un semplice dribbling, un movimento d’attacco che favorisca un inserimento da dietro.

Vista la situazione attuale quindi, non sono da disprezzare gli spunti di Emanuelson che, perde si molti palloni e ha una fisicità da campionato Allievi, ma è anche l’unico che prova a superare l’uomo, tenta di verticalizzare, cerca ogni tanto di cambiare ritmo con accelerazioni o tagli. Contro il Genoa non è dispiaciuto nemmeno Constant, che è riuscito ad allargare il gioco, aprendo una difesa rossoblù che sembrava chiusa con il chiavistello a doppia mandata. Il materiale a disposizione è quello che è, servirà recuperare il prima possibile Robinho, ma sopratutto Boateng, che deve rimanere centrale al gioco di questa squadra. Schierato come finto trequartista o come mezzala, il Milan non può fare a meno della sua fisicità e del suo impatto sulla partita. A breve arriveranno partite che surriscalderanno ancora la panchina di Allegri, e a quel punto le accelerazioni di Constant ed Emanuelson potrebbero non bastare più.

Twitter: @lucaferrato

This post was last modified on 31 Ottobre 2012 - 23:13

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redazione