7 aprile 2012, Milan-Fiorentina volle dire: scudetto, addio

Fu un pomeriggio davvero amarissimo, quello del 7 aprile 2012. Fu fatale il turno pre-pasquale al Milan, capace in soli 90 minuti di scivolare in casa con la Fiorentina, di subire il sorpasso della Juve e di frantumare il sogno scudetto.

4 giorni prima il Milan aveva abbandonato la Champions League, dopo il 3-1 subito al Camp Nou col Barcellona. La prova di oggi diventa quindi fondamentale per testare la tenuta psichica degli uomini di Allegri.

Ma l’approccio non sembra dei migliori, col Milan che lascia molta iniziativa alla viola. Viola che -ricordiamolo- stava invece lottando per non retrocedere. Per Abbiati è un match impegnativo. Ma nonostante ciò i rossoneri vanno in vantaggio grazie al duo Maxi Lopez-Ibrahimovic. Il primo ottiene un rigore, il secondo lo trasforma. È il 31’. In chiusura di primo tempo Maxi Lopez coglie anche un palo interno che ha del clamoroso e fa capire quanto il destino dell’anno 2011/2012 stesse su frequenze bianconere.

E la Fiorentina fiuta che può essere una giornata diversa. Non si dà per vinta e al minuto numero 2 nel secondo tempo De Silvestri si inventa Pirlo, con un lancio diabolico da metà campo che mette Jo-Jo solo davanti alla porta. Difesa colpevolissima, che si lascia superare quasi per inerzia dal montenegrino. Jovetic infilza Abbiati e fa 1-1.

Il Milan reagisce, mettendo molto cuore e molta corsa in campo e creando buone occasioni, ma manca lucidità. E all’89’ il passo falso si trasforma in fallimento: disimpegno disastroso di Mexes di testa che mette la palla sui piedi di Amauri. 2 contro 1, Amauri e Jovetic triangolano intorno a Bonera e l’ex giocatore di Parma e Juventus trova l’angolino. 2-1. Lo scudetto se ne va.

Girava la battuta che quel pomeriggio Amauri fosse ancora un giocatore della Juve, l’attaccante aggiunto della squadra bianconera. L’oriundo infatti era stato ceduto a gennaio alla viola, aveva giocato 13 partite, segnando –pensate un po’- solo una rete, proprio in quel pomeriggio pre-pasquale. Come fosse parte di un disegno. Neanche una presenza nella Juve di Conte fino a gennaio, e ualà! diventa lui l’uomo scudetto del titolo numero 28. È il bello (e il brutto) del calcio.

Di quel pomeriggio restano a futura memoria il doppio errore di Allegri in materia di approccio alla partita e turn-over, tanto più dopo la trasferta-batosta di Barcellona. E resta anche la sensazione di un destino ineluttabile. Che dopo Muntari, i pareggi e le vittorie della Juve presi con il rotto della cuffia (sia chiaro, anche meritatamente), con quel palo di Maxi Lopez (che errore cedere anche lui!), con la rete di Amauri. E la lista potrebbe proseguire…

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