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Brocchi si prende i meriti, ma di cosa?

Ad una settimana dalla finale di Coppa Italia che ha decretato l’ennesimo fallimento di questo Milan, ci sono alcuni elementi su cui mi piacerebbe tornare perché appaiono abbastanza degni di nota. Dalla Juve alla Juve. La squadra Campione d’Italia e che ci ha battuto, non senza difficoltà, nell’ultimo atto della manifestazione nazionale, ha decretato la fine dell’esperienza di Sinisa Mihajlovic in rossonero e, molto probabilmente, decreterà l’epilogo della breve parentesi di Cristian Brocchi. Nella giornata di ieri, quest’ultimo, ha parlato di come lui stia già programmando la prossima stagione, anche se non ha la certezza di restare, di quanto in finale si sia visto (per merito suo) un buon Milan, il suo Milan e di come pensa di meritare la riconferma sulla panchina rossonera.

Ringraziando Cristian per il suo passato da calciatore del Milan, la sua crescita come allenatore sulla panchina rossonera e chiedendogli scusa se sembrerò un attimino irriconoscente, ma a quale titolo pensa di aver meritato una riconferma? Perché un allenatore che arriva, prende un gruppo unito che ha il sesto posto in mano e quindi la qualificazione in Europa League, arriva settimo, perde la finale di Coppa Italia, pensa di meritare la fiducia? Per quale ragione il Milan visto all’Olimpico di Roma era una squadra che rispecchiava il suo credo calcistico e la prestazione si debba considerare tutta merito suo? Perché quando fai due punti tra Carpi, Verona e Frosinone e ti fai scavalcare dal Sassuolo non hai avuto il tempo di mettere mano alla squadra e, poco più di quindici giorni dopo, si è vista la tua mano?

Domande che sembrano avere una facile risposta, molto logica e scontata. La squadra, nella gara contro la Juventus, ha semplicemente tirato fuori l’orgoglio che in un’occasione del genere e se ti chiami Milan ed indossi quella maglia, non puoi non avere. La formazione che perse in campionato contro i bianconeri ad aprile, inoltre, giocò in maniera molto simile a quella che è scesa in campo sabato scorso, mise carattere, orgoglio e fu fermata solo da un grande Buffon e da una Juve che entrò in campo molto più concentrata rispetto alla sua brutta copia sbiadita vista una settimana fa. Ergo, lo spirito di gruppo, di sacrificio, la voglia di lottare uniti, l’orgoglio, sono le caratteristiche principali che i calciatori hanno tirato fuori durante l’esperienza di Mihajlovic sulla panchina rossonera e anche la prestazione di sabato scorso ricalca queste caratteristiche.

Insomma, quello visto a Roma, era molto più il Milan di Mihajlovic che quello di Brocchi. Quello di quest’ultimo è stato il Milan voluto dal presidente, con i tentativi assurdi di schierare il modulo con il trequartista (salvo poi in finale cambiare per evitare figuracce, come giustamente il tecnico serbo aveva intuito molto presto) e i tentativi inutili di dare spazio ancora a gente come Balotelli, Mexes, Boateng e Menez che poco o nulla avrebbero potuto dare alla causa rossonera. Eppure c’è chi, dall’alto di non si sa quale merito, pensa di essere in grado di allenare ancora il Milan, meglio di Seedorf (che pure una riconferma la meritava ancora), meglio di Inzaghi e addirittura meglio di Mihajlovic. D’altronde nutre della stima incondizionata del Presidente, ma anche per questo si deve sperare che, quelli dagli occhi a mandorla, facciano ben presto irruzione a Milanello.

This post was last modified on 28 Maggio 2016 - 11:34