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Montella abbandona il realismo e il Milan continua a perdere. E dalla Cina…

Siamo messi male, molto. La sconfitta contro l’Udinese ci ha sbattuto in faccia per l’ennesima volta la dura realtà. Sarà un altro anno di sofferenza, dentro e fuori dal campo. Partiamo da dentro. Non esistono più partite che possiamo giocare e vincere “di braccio” tipo la Juve con il Sassuolo o il Napoli a Palermo, questo è un dato di fatto. Dobbiamo giocarcele con tutti, praticamente sempre alla pari. Questo perché abbiamo una rosa complessivamente modesta. Donnarumma a parte, non abbiamo nessun fuoriclasse e nemmeno nessun potenziale campione. Mai era accaduto nei 30 anni di era Berlusconi. E allora scopriamo che senza Kucka e Niang perdiamo due pedine fondamentalissime, praticamente irrinunciabili. E pensare che uno è arrivato a fine mercato sotto costo come omaggio dell'”amico Preziosi”, l’altro pagato 1.7 milioni 4 anni fa e rivitalizzato prima dal solito presidente genoano e poi da Mihajlovic.

Per 70 minuti abbiamo fatto anche una partita decente contro l’Udinese, persino Sosa ha dimostrato di poter dare il suo contributo. Probabilmente sarebbe finita pari, uno 0-0 scialbo ma pur sempre un pari. “Quando non si può vincere bisogna evitare di perdere”: diceva sempre Allegri, da noi considerato un “incapace”, adesso uno dei migliori d’Europa. Invece Montella non segue il realismo del suo predecessore e prova il tutto per tutto per vincere la partita in ossequio a una filosofia offensiva che è affine al DNA della casa, ma mal si sposa con la modestia del Milan attuale. Il mister se ne infischia di qualsiasi equilibrio tattico e decide di smantellare un centrocampo già sofferente per definizione. Fuori Sosa e Poli, dentro Honda e Lapadula significa consegnare la palla stabilmente all’Udinese che non pensava nemmeno più alla vittoria. La squadra si spacca a metà ed è facilissimo prendere il gol sull’ennesimo errore di Abate. Ed è così che il Milan di Montella commette lo stesso errore di presunzione di Napoli e perdiamo un altro punto. E’ bello attaccare coraggiosamente fino alla fine, ma se sei scarso e ti butti avanti a corpo morto, perdi. Amen.

Sicuramente il mister farà tesoro dell’errore e rivedrà la sua filosofia improntandola a un maggior realismo. Anche perché il materiale umano è questo e non si può cambiare. Gli illusi pensano che a gennaio arriveranno grandi acquisti, ma non hanno ancora capito l’antifona. E qui apriamo i discorsi relativi al “fuori” campo. Tralasciamo tutte le personali perplessità figlie del fatto che questi misteriosi “fondi” cinesi non abbiano ancora una paternità e che siamo ansiosi di conoscere e vedere in faccia CHI sarà il nuovo proprietario del Milan. Marco Fassone, grande rispetto nei suoi confronti, è infatti un potenziale “stipendiato” della nuova proprietà non uno stipendiante. Potrà fare il frontman, o se preferite il parafulmini, ma non è e non sarà il proprietario, non sarà mai lo “stipendiante”. Di quello abbiamo bisogno. Almeno sapere chi è.

Facciamo finta per il momento che non ci interessi chi saranno i nuovi proprietari, cioè quelli che dopo il famigerato closing avranno il possesso del 99% delle azioni del nostro Milan. E preoccupiamoci di questi fantomatici milioni che tanto entusiasmano il tifoso ottuso. I primi 100 sono la caparra e sono arrivati nelle casse di Fininvest. I prossimi 420 all’atto del closing faranno la stessa fine. Dopodiché il nostro Milan sarà di proprietà di questi “misteriosi” cinesi e che cosa faranno? Fidiamoci pure del comunicato di Fininvest dello scorso 5 agosto, sperando che questa volta dica la verità a differenza di quanto era accaduto un anno fa con Mr Bee. Fininvest dice: “Gli acquirenti si impegnano a compiere importanti interventi di ricapitalizzazione e rafforzamento patrimoniale e finanziario per un ammontare complessivo di 350 milioni in un triennio, di cui 100 da versare al momento del closing”. Morale: 350 milioni per rifare un grande Milan in 3 anni? Neanche per sogno. 100 milioni subito per il mercato di gennaio? Ma proprio per niente. Non a caso Fassone si affretta a precisare che i 100 milioni che arriveranno a gennaio serviranno, come recita il comunicato, a ricapitalizzare e ripianare.

Stimiamo ottimisticamente che il passivo dell’esercizio di bilancio 2016 sia di 75-80 milioni. Di questi 100 ne rimarebbero 20-25 per il mercato di tutto il 2017, tra gennaio e giugno. Mi dite per piacere qual è la differenza rispetto ai 20 milioni spesi (MALE) quest’estate? Mi dite per piacere qual è la differenza rispetto alla gestione modesta di Fininvest degli ultimi anni? Mi dite per piacere qual è la prospettiva di avere una nuova proprietà che ci farà di nuovo grandi come ci ha più volte garantito il presidente Berlusconi? Mi dite per piacere dove trovate la forza di illudervi? Vi dico io qual è la differenza. Che dal 1° gennaio Fininvest e Berlusconi non avranno più nemmeno un’azione del nuovo Milan e se dovessimo perdere anche al ritorno contro l’Udinese e la nuova proprietà non dovesse comprare nessuno (o poca roba con quei 20-25 mlioni), i tifosi non potrebbero più andare ad Arcore a protestare o non potranno più mettere striscioni contro Galliani. E a quel punto con chi sfogheremo il nostro dolore per un Milan che non c’è più? A giudicare dalle parole e dai pensieri di monumenti della nostra storia come Maldini, Costacurta e Albertini, loro stessi sono i primi a non credere in un futuro del nostro e del loro amato Milan. Che tristezza. Di questa ennesima grigia domenica mi tengo stretti solo quegli striscioni e quegli inni di Fossa e Brigate che, anche sentiti in sottofondo dalla tv, mi hanno fatto venire la pelle d’oca e ricordare un Milan che non c’è e forse non ci sarà più. Ma che noi abbiamo avuto la fortuna di vivere. E nessun altro può capire che cosa significa.

Twitter: @ruiu19

This post was last modified on 13 Settembre 2016 - 16:10

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redazione