Heysel, 26 anni dopo: il ricordo di un tifoso

Quando un ragazzino di 15 anni si mette davanti al televisore per assistere alla finale di Coppa dei Campioni della sua squadra del cuore, non può immaginare nemmeno per un istante che, invece, sta per assistere alla sciagura più grande che il calcio italiano e forse quello mondiale ricordi.

A lui interessa sapere se quella sera Tardelli riuscirà a recuperare da un infortunio muscolare e se Trapattoni deciderà di schierare Briaschi dal primo minuto, visto il suo eccellente stato di forma. A lui interessa cancellare il ricordo di Atene, due anni prima, quando la squadra più forte di tutti i tempi, mentre aspettava che passassero i 90 minuti per ricevere la Coppa, beccò il gol dell’Amburgo e tornò a casa a mani vuote e con la testa bassa.

E invece, quelle che invece la televisione propone sono immagini di una tragedia immane, immagini che guarderà inebetito e che porterà con sé per sempre, campasse cent’anni. Il nome di quello stadio, Heysel, fino a quel momento sconosciuto, sarà, per sempre, sinonimo della follia; gli hooligans, categoria di cui aveva sentito parlare lontanamente, saranno presenze inquietanti nella sua vita di tifoso; e quel giro di campo festoso, anche nella sua ingenuità adolescenziale, sembrerà una vergogna da cancellare al più presto.

Tutto questo è il 29 maggio 1985, 26 anni fa ma come se fosse ieri, per chi l’ha vissuto. Il settore Z dello stadio di Bruxelles, nemmeno degno di ospitare una amichevole di vecchie glorie, in cui erano alloggiati, o, meglio, stipati, i supporters bianconeri, viene preso d’assalto dalla furia degli hooligans, che si trovavano nel settore adiacente e senza alcuna separazione. L’invasione degli inglesi provoca il naturale arretramento dei tifosi italiani verso le recinzioni dello stadio che prima costituiscono una barriera verso la quale molti vengono schiacciati, poi, ad un certo punto, cedono facendo precipitare nel vuoto gli juventini che si trovano travolti e calpestati dalla marea umana che cerca riparo contro l’orda dei reds.


È una carneficina, sono 39 le persone che moriranno in quella occasione, tutti tifosi bianconeri ed oltre 400 quelle rimaste ferite. Le notizie sono frammentarie, si sa che qualcosa di grave è accaduto, si cerca di tenere sotto controllo quello che ancora si riesce a controllare, poi la decisione più inverosimile, dettata forse dalla volontà di far placare gli animi e il sentimento di vendetta da parte degli italiani: si gioca.

Quella che va in onda è la partita più falsa della storia del calcio, decisa da un rigore calciato da Platini e fischiato per un fallo commesso nettamente fuori area su Boniek, oggi si direbbe da ultimo uomo. L’esultanza di Michel, straordinario campione e immenso uomo era il segno evidente che davvero ai ragazzi in campo non era giunta con tutta esattezza l’enormità del disastro avvenuto qualche ora prima.

Nel nuovo stadio, quello che verrà inaugurato nel prossimo mese di luglio, verrà realizzato, forse con colpevole ritardo, un luogo del ricordo, con una lapide dedicata ai 39 caduti di quella sera mentre quella Coppa dei Campioni fa mostra di sé nella bacheca della Società con una sciarpa legata su uno dei due manici in segno del ricordo della tragedia. Ma, benché fosse una squadra fortissima, quella che era giunta a quella finale, nessun tifoso bianconero che abbia vissuto quella serata può davvero sentire sua quella Coppa.

Sarebbe un bel segnale, e proviamo noi di spaziojuve a lanciare questa idea, se nel prossimo mese di maggio, Juventus e Liverpool, entrambe senza Coppe europee quest’anno, mettessero in palio quella coppa, di nuovo, per cancellare definitivamente l’onta di una partita mai disputata, in memoria e in onore di 39 angeli partiti per assistere ad una festa dello sport, al momento più importante della stagione, e mai più tornati a casa…

Francesco Alessandrella

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