Quando il gioco si fa duro…

…i duri iniziano a barcollare. Le battaglie da dentro o fuori sono sempre state nel dna rossonero, le sfide della vita, quelle che devi vincere per forza, hanno contrassegnato la storia milanista per molto, molto tempo. Discorso questo che non vale per oggi, per ieri, non vale, in generale per il Milan 2011-12. Tralasciando la Champions, dove ci siamo trovati di fronte il Barcellona di Messi, in Campionato, contro le cosiddette grandi, si è fatto davvero troppo poco. Lì si sono persi troppi punti, lì si è perso lo Scudetto.

Con la tensione alle stelle i rossoneri finiscono dritti, dritti alle stalle. Esempi lampanti di questo problema rimangono i due derby. Sia all’andata che al ritorno, sia giocando bene, sia giocando male non c’è stato verso di portare a casa qualche punto che, alla fine dei conti, sarebbe stato decisivo. Manca, forse, l’abitudine a vincere, manca, forse, quel pizzico di personalità in più che serve per essere davvero vincenti. Dietro a Ibra, il solo in grado di dare la scossa, c’è il vuoto. Boateng non spacca la partita, Robinho sbaglia più che mai l’inimmaginabile e dietro, senza Thiago Silva, sono dolori.

Numeri impietosi anche con Juventus, Napoli e Lazio dove in sei partite si sono fatti solo tre punti sui diciotto disponibili. Poca roba, non da Milan, non da Campioni d’Italia, bensì da incubo. E ora, con una stagione, nei risultati, da dimenticare, si apre non solo un processo tecnico ma anche psicologico. Chi è davvero in grado di reggere la pressione con quella maglia addosso? 

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