Road to Champions, il Barcellona

Barcellona Juvenil AQualcuno potrebbe anche pensare di fare direttamente un abbonamento al Camp Nou. Sì, perché, per la quarta volta in tre anni, dall’urna di Montecarlo è stata accoppiata al Milan, nel gruppo H della Champions League, la squadra catalana. Il tutto sta diventando una sorta di maledizione, vicina quasi alla monotonia, perché, anche se non ci annoia mai a vedere scendere sull’erba di San Siro una compagine come quella blaugrana, è vero anche che il fascino che una grande sfida mantiene se giocata con la dovuta distanza negli anni in questo caso inizia a scemare, proprio per la continuità con cui le due squadre si ritrovano di fronte. Con i due match di quest’anno infatti, si arriverà a otto sfide in tre anni, un vero e proprio record.

Venendo all’analisi degli avversari, non ci sarebbe molto da dire. Il gioco del Barça è conosciuto ovunque nel mondo, è da anni sempre il medesimo, ma, nonostante questo, non passa mai di moda e non perde un briciolo della propria efficacia. La difficoltà nell’affrontare una formazione simile sta, oltre che nel maestoso tasso tecnico dei suoi interpreti, proprio in questo, nel fatto che, mantenendo quasi sempre gli stessi uomini, peraltro nella fase cruciale della loro carriera, si può produrre senza difficoltà un calcio mnemonico, con movimenti ormai naturali e senza dover nemmeno riflettere più di tanto sull’impostazione dell’azione.

Quest’anno, inoltre, bisognerà stare ancora più attenti, perché, oltre alla qualità e all’atleticità, gli uomini del neo tecnico Martino avranno anche quella determinazione agonistica di chi è stato fatto fuori in maniera netta e cocente dall’ultima Champions League. La disfatta contro il Bayern Monaco (7-0 per i bavaresi il computo delle due sfide) ha lasciato profonde cicatrici in casa blaugrana. Il Barcellona è stato ridimensionato agli occhi della critica, che, in gran parte, ha parlato di fine di un ciclo e di Barça non più come squadra da battere. Un motivo in più per temere chi vorrà prendersi una rivincita su troppi detrattori.

Non dimentichiamo, inoltre, che ai tre fenomeni Messi, Xavi e Iniesta, la società del presidente Sandro Rosell affianca, da questa stagione, un’altra delle più luminose stelle del panorama calcistico. Tale Neymar da Silva Santos Junior, che ha preso il posto di Villa e che, ovviamente, non lo farà minimamente rimpiangere. Si tratta di quattro fuoriclasse assoluti, con doti tecniche eccelse, dribbling sopraffino, controllo di palla superbo e coordinazione inarrivabile. Non serve, poi, ricordare che i blaugrana possono vantare, nella propria rosa, fenomeni, nei rispettivi ruoli, del calibro di Piqué, Mascherano, Dani Alves.

Dal punto di vista tattico, la filosofia catalana è ormai un marchio di fabbrica esportato nel mondo, che ha, appunto, anche un “marchio”, l’arcinoto tiki-taka, che consiste, per chi ancora ne sia all’oscuro, in una fittissima e continua ragnatela di passaggi rasoterra, che hanno come obiettivo quello di mantenere per un tempo enorme il possesso palla, costringere gli avversari a sfiancarsi e colpire al primo errore con rapidissime verticalizzazioni. Ma il tiki-taka non è assolutamente uno stile di gioco offensivo, ma anche, e forse soprattutto, difensivo, in quanto, come amava ripetere Guardiola ai tempi in cui allenava il Barça, se la palla è mantenuta tra i piedi blaugrana, non ce l’hanno gli avversari e, di conseguenza, non possono sviluppare azioni offensive. Si tratta, pertanto, di un tipo di gioco che possiamo definire come “totale”.

Questo gioco è garantito da una squadra che riesce a mantenere una minima distanza tra i reparti in ogni momento del match, non arrivando mai ad allungarsi. Il tutto viene garantito dalla grande mobilità di terzini e centrocampisti, i quali si scambiano di posizione con una rapidità e una continuità disarmante. Mantenendo la squadra corta, inoltre, si fa sì che gli avversari risultino come intrappolati in una ragnatela, facilitando anche l’eventuale recupero palla, poiché, in spazi corti e stretti, i giocatori si stancano di meno e mantengono quella lucidità tale che gli permette un pressing asfissiante, grazie anche a delle doti di resistenza fisica con pochi eguali.

Come i punti di forza, anche quelle pochissime debolezze sono sempre le medesime. È la difesa, non come fase, ma come reparto, il punto più debole, se esiste un vero punto debole in questa squadra. Infatti, Piqué a parte, i terzini non sono molto abili a difendere e gli altri centrali commettono spesso e volentieri degli errori. Senza considerare che il portiere è stato, in questi anni, la nota meno lieta della squadra. Per di più, come perfettamente dimostrato dal Milan nella gara di andata della scorsa stagione, i blaugrana trovano enormi difficoltà quando incontrano una squadra compatta in fase difensiva, che sa aspettare e colpire di rimessa. Infine, consideriamo che loro sui palloni alti, vero tallone d’Achille dell’ultimo Milan, sono assolutamente impreparati, per cui chiudendosi centralmente li si può mettere in grosse difficoltà. Lo abbiamo già dimostrato lo scorso anno: mettendo la presunzione da parte e alzando la concentrazione ai massimi livelli, non sono imbattibili!

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