Da uomo ombra a grave perdita: qual è il reale peso del Tasso?

Mauro Tassotti via dal Milan, possibilità più che concreta e confermata a più riprese da lui stesso. L’ultima gara, contro il Sassuolo, a San Siro aveva davvero il sapore d’addio: “Non so il mio futuro, ma c’è la possibilità che io possa smettere: vediamo. È tanto che sono qui e i motivi sono tanti, le storie iniziano e finiscono: vedremo come andrà a finire“. Trentaquattro anni da milanista, una storia lunga una vita: in campo, sulla panchina da vice prima di Ancelotti, poi di Leonardo, ma anche di Allegri e infine di Seedorf.

Qualche tempo fa, la Lazio aveva pensato a lui. Una promozione, che il Tasso aveva scansato un po’ per la poca tendenza alla ribalta, un po’ forse sperando, un giorno, nell’occasione rossonera. Occasione però che non è mai arrivata: sempre secondo, mai primo nemmeno quando c’è stato da cambiare in corsa durante questa stagione. Troppo silenzioso, poco mediatico. L’uomo nell’ombra che deve sempre stare un passo indietro, anche rispetto ai neofiti come l’olandese. Difficile saperlo fare, difficile riuscirci nel modo giusto senza alzare mai la voce. E poi il suo equilibrio, la pacatezza nell’esprimersi e la coesione col mondo Milan.

Come un amico che sottovaluti e dai per scontato, il senso di vuoto e i dubbi emergono solo quando se né già andato. Ad oggi per Tassotti ci sono altre strade: l’esperienza inglese al fianco di Allegri, oppure l’ipotesi Real andando a ricomporre il binomio vincente con Ancelotti, qualora Zidane dovesse lasciare. Esperienza professionalmente al top, da capire e valutare per trovare se stessi, senza il Diavolo intorno.

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