Basta alibi, i colpevoli ci sono eccome: la lista, uno per uno

Poteva essere e non è stato. La novità è che questa folle serata da incubo ha sancito in maniera inequivocabile chi è la squadra più forte, quale e quanto sia il gap con la più debole e chi, nella più debole, proprio non meriti di vestirne nemmeno più la maglia. Attacco totalmente da congedare, con l’eccezione del solo Cutrone che francamente troppo peso ha avuto sulle spalle per tutto l’anno. Un attacco milionario sulle spalle di un ragazzo del settore giovanile: bocciatissimo anche lui stasera, ça va sans dire, ma le attenuanti sono almeno un paio di miliardi. Chi non deve più mettere piede su un campo da calcio con la maglia del Milan è senza dubbio Nikola Kalinic, allo stato dei fatti uno degli acquisti più sbagliati e dal peggior rapporto qualità-prezzo che la recente storia rossonera, pur infarcita di giocatori dal dubbio spessore calcistico, ricordi. E André Silva? Non merita l’ingresso nemmeno alla fine, nemmeno sul 4-0. I casi sono due: o sarà titolatissimo a Bergamo o evidentemente è già fuori da ogni piano per il futuro.

Capitolo a parte merita Gianluigi Donnarumma, sempre più indecifrabile, sempre più solo nella sua area di rigore tra salvataggi al limite dell’umano e lapsus decisivi degni del periodo più buio di Dida. Forse i veri geni sono anche i più discontinui. Ma, in fin dei conti, al Milan non serve un genio in porta: serve una garanzia, indipendentemente dall’età. Tante pagine sono state spese sul suo conto quest’anno, tanti ci hanno mangiato e tanti continueranno a farlo. Ma nessuno ha mai fatto davvero il bene disinteressato di questo ragazzo, men che meno lui stesso. Che è obbligato a crescere in un mondo che lo ha già consacrato. Ma che ha anche un dovere verso se stesso: se il clan Raiola sarà per sempre la sua scuderia, le orme da percorrere dovranno essere più quelle di Zlatan Ibrahimovic piuttosto che di Mario Balotelli. Poche speranze di sopravvivenza, invece, per Ricardo Rodriguez: il lavoro estivo dovrà definitivamente estirpare dall’undici titolare elementi non all’altezza. Suso? Serve essere decisivi nelle gare più importanti. Non trascina. Non è imprescindibile.

E poi c’è Rino Gattuso, condottiero alle prime armi che tanto ha fatto, ma che tanto ha ancora da fare e da imparare. Lui stesso lo sa. Ha ereditato una situazione complicata, l’ha rimessa in barra come a Milanello, forse, non succedeva da anni. Ma è durato troppo poco per godersela appieno e per permettere al suo Milan di scrivere pagine importanti già alla prima stagione. Ora il cammino è in salita, in “salitissima”. E il rischio di restare fuori totalmente dalle coppe non è poi così lontano. Servirà un’impresa mentale non da poco. Una forza che proprio dalla Juve dobbiamo imparare ed interiorizzare: dopo il gol di Koulibaly e il momentaneo 2-1 dell’Inter a San Siro, la loro stagione era praticamente chiusa. Poi la reazione della grande squadra, pur tra mille difficoltà e qualche fronda interna, è prevalsa. La quarta doppietta dei bianconeri è davvero epica, più delle altre tre. Peccato solo per tutto il calcio nostrano che, ancora una volta, la legge del più forte si sia fermata al confine.

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