Reagire per non affondare. Ora il Milan giochi per Sinisa

Dalle parole ai fatti. Una risposta convincente a 360°: il Milan la deve alla critica, a sé stessi, ai tifosi, ma soprattutto al proprio allenatore. Già nelle prossime settimane, per dimenticare le brutte pagine di Reggio Emilia e di Verona. Perché se le dichiarazioni pubbliche di tanti rossoneri (Montolivo, Abbiati, e Abate sono per citare i più influenti) sono andate dritte in soccorso di Mihajlovic, tecnico fachiro sulla graticola da mesi, le prestazioni delle ultime settimane hanno lasciato più di un dubbio: lo spogliatoio, da monolite, si è scoperto polveriera. La grinta, la coesione e la graniticità, un tempo fiori all’occhiello di questo Diavolo dall’anima balcanica, sono andati perduti in due partite scialbe e insipide.

Beninteso: il campionato del Milan, da qui a maggio, ha poco da dire. Troppo lontano il sogno Champions, con la Roma distante ben 11 punti e lanciatissima verso il podio, e al momento distanti Fiorentina e Inter in ottica 4^ e 5^ posto. Chiudere bene, tuttavia, potrà fare la differenza per l’allenatore. Bacca e compagni dovranno tornare a marciare al ritmo di due settimane fa: ritrovare unità d’intenti e risultati, d’altronde, potrebbe letteralmente salvare la panchina di un Mihajlovic, ad oggi, lontano dalla conferma in rossonero. O perlomeno, riuscire a rendere più “impopolare” per il presidente Berlusconi l’ipotesi di un esonero: chiudere la stagione in crescendo. Senza contare la finale di Coppa Italia: azzeccare la partita contro la Juventus e mettere in bacheca un trofeo dopo cinque anni di vacche magre potrebbe pesare più tutto il resto.

mihajlovic milan-carpi (spaziomilan)

Condicio sine qua non, ad ogni modo, sarà una reazione sincera e veemente della squadra. Senatori e giovani, italiani e stranieri, dovranno tutti remare uniti in favore del proprio allenatore: solo così potranno dimostrare, dopo le chiacchiere, di volere ancora Mihajlovic. Ritrovare gioco e risultati sono le medicine migliori per curare i “malanni” e i problemi di ogni tecnico. Altrimenti per Berlusconi, già da tempo scettico sul serbo con un carattere troppo duro e una filosofia di calcio lontana dalle velleità presidenziali, sarebbe servire su un piatto d’argento un buon motivo per giustificare un esonero la cui eventualità (forse) prescinderà dai risultati di questo finale di annata. Con Allegri, nella primavera 2013, la pressione di Galliani e dei calciatori funzionò. Anche se l’epilogo, pochi mesi dopo, non fu affatto positivo…

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