Thiago 27, il difensore gentiluomo

Di seguito, per festeggiare il ventisettesimo compleanno del grande Thiago Silva, il difensore più forte del mondo, uno stralcio della biografia per dispositivi touch scritta dal nostro direttore Christian Pradelli e pubblicata da New Editing. Qui il link per scaricarla e godersela ogni giorno dell’anno.

L’arrivo di Thiago Silva alla corte di Carlo Ancelotti vive nella contrapposizione di due stati d’animo: la mera indifferenza e la speranza che il giovane brasiliano possa rappresentare, dopo anni d’intensa ricerca, una degna spalla per Alessandro Nesta. Ebbene, il neo acquisto dimostra subito un approccio da professionista e un grande legame con la società: già nel giro della Seleção, si accontenta di svolgere esclusivamente allenamenti dato che è irricevibile il tesseramento, stante i posti da extracomunitario occupati da Andriy Shevchenko e Tabaré Viudez. Attende sei mesi per la prima gara ufficiale, ma già dopo un paio di settimane a Milanello capiscono subito di avere per le mani un fuoriclasse.

Un nuovo Kakà, dentro e fuori dal campo, meno ossequioso verso i principi della religione, ma ugualmente innamorato della sua professione e dedito, anima e corpo, al pallone. Esordisce con la maglia rossonera in un anno non particolarmente fortunato, complici gli addii illustri di un’icona come Paolo Maldini, di Ancelotti, ma soprattutto dell’uomo più rappresentativo e, senza troppi giri di parole, più forte di tutta la rosa: Ricardo Kakà. Nuovo allenatore è Leonardo, quel Leonardo che, da ex talent scout, lo ha voluto fortemente a Milanello e che, da novello tecnico, si appresta a consegnargli le chiavi della difesa. Sono trentatré le presenze nel primo campionato italiano: trentatré come il suo numero di maglia, che poi non è altro che un “doppio” Maldini, che poi non è altro che un Franco Baresi diviso equamente. Tutto sembra tornare, insomma: il 22 agosto 2009 Thiago bagna il suo prologo indiavolato con una vittoria a Siena per 2-1, risultato che si ripete il 15 settembre a Marsiglia, quando è la “musichetta” della Champions League a far da cornice alla sua prima gara europea.

Il gioco di Leonardo, tuttavia, paga la sua particolare attitudine offensiva con uno sforzo difensivo immane. Al termine della prima stagione al Milan, il reparto arretrato guidato dal brasiliano, dati i ripetuti forfait di un perno come Nesta, chiude con ben 39 reti al passivo nella sola Serie A. Malgrado ciò, Thiago si mette in luce come una delle più belle novità del panorama calcistico italiano: difensore granitico e dalla sicurezza “europea”, non disdegna il lancio lungo all’indirizzo dei compagni d’attacco e si pone egli stesso come baluardo nell’area avversaria sui calci di punizione e sui calci d’angolo. Non è un caso, infatti, che il primo gol ufficiale in maglia rossonera venga segnato di testa: è l’8 novembre 2009 e il ragazzo di Rio apre le marcature allo Stadio Olimpico di Roma. Quel Lazio-Milan terminerà 1-2.

Ancora acerbo, per ora, il rapporto con la Nazionale, con il Mondiale sudafricano che lo vede partecipante “non praticante”, è ancora una volta il Milan a consacrarlo definitivamente come uno dei difensori più forti in circolazione. Nell’estate del 2010, la società di via Turati cambia ancora: fuori Leonardo e il suo calcio-samba, dentro Massimiliano Allegri e il suo rigore tattico. La squadra, oltre all’arrivo di elementi di prim’ordine come Zlatan Ibrahimovic, Robinho e l’emergente Kevin Prince Boateng, passa dal cosiddetto 4-2-fantasia a un meno pericoloso 4-3-1-2, con la coppia Silva-Nesta spesso coadiuvati da un centrocampo robusto e instancabile. E’ la mossa giusta: ancora trentatré le presenze per Thiago, che bagna l’esordio stagionale con un gol contro il malcapitato Lecce e contribuisce a rendere il gruppo del tecnico livornese un fortino invalicabile.

Il 7 maggio 2011 è ancora Roma a regalare forti emozioni all’ormai 27enne fenomeno: dal primo gol in rossonero, al primo, meritatissimo scudetto. Due settimane più tardi, lo 0-0 di Udine “obbliga” la colonna milanista dei gol subiti a fermarsi definitivamente a quota 24, un dato eccezionale se si pensa che la seconda in classifica, l’Inter, chiude con ben 42 reti al passivo. E’ l’apoteosi per il difensore brasiliano, pardon, la prima apoteosi. Sì, perché la sensazione è che la sua forza e intelligenza, la sua classe e semplicità possano portarlo ancora più in alto. E pensare che, all’inizio, non era chiaro nemmeno il suo ruolo; oggi, che Thiago giochi difensore centrale o playmaker davanti al reparto arretrato, non cambia nulla: il Milan, il Brasile e tutto il calcio sono chiamati ad inchinarsi, domenica dopo domenica, di fronte ad una limpida e perfetta “Grandine Nera”.

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