Torres: “Voglio restare a lungo e scudetto, mi basta vincere la metà di Inzaghi. Ma chiedo più spazio”

Queste le dichiarazioni rilasciate da Fernando Torres, intervistato dal Corriere della Sera.

Sull’addio al Chelsea: “Avevo deciso di andare via dal Chelsea. A Mourinho ero legato da un rapporto di rispetto ma la società aveva comprato un nuovo attaccante, con il mister avevo parlato spesso del mio futuro, lui voleva che rimanessi a Londra. Ma io avevo bisogno di uno stimolo nuovo per la mia carriera“.

Milan al momento giusto: “Quel giorno mi arrivò la telefonata del Milan: mi venne presentata l’offerta che stavo aspettando. Ero in un momento particolare della mia vita professionale, sentivo il bisogno di cambiare e puntavo a trovare una squadra che mi garantisse il posto da titolare. Avevo avuto altre opportunità ma ho scelto il Milan perché ha dimostrato di volermi veramente. Champions? La società sta vivendo una situazione a cui non era abituata, per me sarà uno stimolo maggiore aiutare il Milan a tornare là dove merita“.

Su Inzaghi: “Non credo che sia fondamentale essere stato un grande campione per poter allenare ad alto livello. Da un punto di vista tecnico-tattico la competenza può essere apprezzabile. Ma, devo ammetterlo, Inzaghi mi può capire. Chi ha giocato a calcio ha un extra per i giocatori. Io sono qui per vincere, per restare molti anni, per sfruttare un altro grande momento del Milan che mi ha dato una possibilità importante. Il mio obiettivo è vincere prima di tutto lo scudetto. Io come Pippo? Non mi paragono a Inzaghi né a nessun altro, ciascuno ha la sua storia. Sono qui per vincere e per restare tanti anni. Gol, successi e titoli sono i miei obiettivi. Se vinco solo la metà di quello che ha conquistato lui sono contento… Le sostituzioni? Essere tolti dal campo non piace a me come a nessun giocatore. Non ho nessun problema con Inzaghi o lo staff tecnico ma vorrei stare in campo novanta minuti“.

Torres rossonero, finalmente: “La prima volta di cui si parlò di questa eventualità era la stagione 2001-2002. Un tempo fra il Milan e l’Atletico Madrid avvenivano tanti scambi di giocatori: Albertini, Coloccini, Contra. Era un’altra epoca e l’Atletico non aveva alcuna intenzione di cedermi. Sarebbe stato bello giocare nel Milan che vinse 4-0 contro il Barcellona 4-0 nella finale di Coppa dei Campioni o in quello di Shevchenko. Questa è un’altra squadra: ora si lotta per tornare in Europa“.

Su Berlusconi: “A lui piace parlare di football, di movimenti degli attaccanti. Presta attenzione ai dettagli: non è facile trovare un presidente che capisce così tanto di calcio“.

Amore Atletico Madrid: “Il mio Atletico Madrid non era considerato una big e le rivali si aprivano concedendo spazi. Con il Milan invece tutte si chiudono. L’Atletico Madrid? Sono nato nell’Atletico e cresciuto lì. Non importa chi gioca, tiferò sempre per loro: sono orgoglioso di averlo portato in prima divisione e con i proventi della mia cessione di averlo aiutato economicamente. È salito a certi livelli, pietra dopo pietra e anch’io forse ho contribuito. Andare al Real o al Barça? Se dovessi tornare nella Liga giocherei solo nell’Atletico che è stata la mia casa. Barça e Real non sono un passo avanti ai Colchoneros“.

Sulla vita privata: “Legato alla stessa donna da 8 anni? Non mi sento io fuori moda, si preferisce parlare di chi è diverso da me perché fa vendere di più sui giornali. Io ho una moglie e due figli, e non esco la sera. Ma alla fine conta solo quello che si fa sul campo“.

Voglia di giocare: “Qual è il calcio migliore per me? Non è questione di campionato. Contano la squadra in cui giochi e il momento che il club attraversa. Il calcio italiano me lo immaginavo proprio così. Molto tattico, con pochi spazi per un attaccante. Ecco perché devo adattarmi in fretta alla Serie A, imparando i movimenti dei compagni per trovare i tempi giusti sui cross. Ad Empoli ho segnato, ma non c’era margine per manovrare. 4-3-3 o 4-2-3-1? Al tridente d’attacco sono più abituato, gioca così anche la Nazionale spagnola. Il modulo non è un problema: sto bene se sono in campo. L’importante è essere fra gli undici“.

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