Nostalgia no-look

Un po’ di nostalgia c’è, e resterà sempre. È stato al Milan due anni e mezzo, non ha vinto nulla, ma di magie ne ha fatte, soprattutto l’anno scorso. Assist e giocate spettacolari, gol e dribbling, no-look e doppi passi. Rimane uno dei giocatori più forti del mondo, uno dei pochi a poter decidere una partita, uno dei pochissimi a poter scartare almeno 3 uomini nello spazio di pochi metri e a spostare uno stadio intero con una finta. Ronaldo de Assis Moreira, in arte Ronaldinho, è classe, eleganza, tecnica a livelli eccelsi sposata alla fantasia. Purtroppo non è costante, purtroppo accompagna il genio ad una vita un po’ spericolata.

Dallo scorso 11 gennaio Ronaldinho è ufficialmente un giocatore del Flamengo, campionato brasiliano, la sua terra. Ha firmato un contratto quadriennale fino al 2014 ed è stato subito nominato capitano. Ha esordito il 2 febbraio e 4 giorni dopo, contro il Boavista, ha segnato il primo gol, su rigore. Ha trascinato il Flamengo alla conquista del 32° campionato carioca, lo scudetto dello stato di Rio de Janeiro, con moltissimi assist e 5 reti.

Sabato scorso ha segnato un gol che ha infiammato lo stadio e i tifosi della maglia rubro-negra. In casa contro l’Avaì Dinho riceve palla a metà campo, ha spazio, avanza indisturbato, tocca la palla 6 volte. Entrato in area, prima che 3 avversari gli arrivino addosso, compie il 7° tocco: il suo fatato destro scaglia un tiro che insacca la palla dalle parti del secondo paletto che regge la rete. È il 2-0. Il match si è concluso sul 4-0, ed oltre al gol il brasiliano ex Milan mette a segno anche due assist. Andatevelo a vedere su Youtube, a meno che non siate degli inguaribili nostalgici.  

In realtà la scelta di mandare via Dinho non è stata sbagliata. Il Milan ha comunque vinto il campionato e un Dinho in più a sgomitare con Pato e Robinho, samba nelle vene anche per loro, più Cassano, l’italiano che più si intende di fantasia, più l’immortale Seedorf, non avrebbe portato nulla in più. E possiamo dirlo con relativa certezza poiché il pallone d’oro 2005 é un giocatore che ha bisogno di essere posto al centro di una squadra, e deve sentire massima fiducia intorno a sé ed alle sue capacità. Solo se gli si appiccica il ruolo di leader lo diventa veramente. È sempre stato così, prima al Paris Saint-Germain, poi al Barcellona, al Milan ed infine al Flamengo. Infatti a Milano è stato sottotono finché c’era Kakà, mentre poi è esploso quando Leonardo, l’anno scorso (ma sembra un’era fa), aveva avuto l’ordine di costruirgli la squadra su misura, cosa che fece con tutti i pro e i contro.

Speriamo che Ronaldinho si continui a divertire e si diverta dall’altra parte del mondo. Noi non lo dimenticheremo mai. Con quegli assist, quelle giocate, quei gol, quei dribbling, quei no-look e quei doppi passi. E con quelle finte che spostavano San Siro di mezzo metro.

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