Gli altri decidono di non decidere, noi chiediamo giustizia!

Decidere di non decidere. Una pratica che in Italia conosciamo bene e che non ci avrebbero risparmiato nemmeno i tecnocrati della Federcalcio chiamati a pronunciarsi sul controverso scudetto 2006. Tanto per sgomberare il campo dai dubbi, da juventino, quel titolo l’ho sentito, lo sento e continuerò a sentirlo mio. Ma qui, ahimè, non c’è in ballo solo il cuore. Qui c’è molto di più in gioco, a partire dalla credibilità di un sistema che continua a fare acqua e dalla prima tifoseria italiana, quella bianconera, che vuole una giustizia uguale per tutti

Il problema, a mio avviso, non riguarda tanto l’assegnazione dello scudetto di cinque anni fa quanto gli effetti delle velocissime sentenze del luglio 2006 che si stanno facendo ancora sentire. Al di là dei macroscopici errori commessi dai dirigenti juventini negli ultimi anni, è innegabile che l’aver smantellato una squadra vincente (forse all’epoca tra le cinque più forti in Europa) abbia prodotto un’onda lunga destinata a fermarsi chissà quando. Cessioni eccellenti, investimenti bloccati, scarso appeal internazionale, acquisti sbagliati sono tasselli dello stesso intricato mosaico, quello che si sta tentando ancora adesso di assemblare sulle ceneri di un team (societario e tecnico) che funzionava perfettamente. Ne sanno qualcosa in casa Inter, dove per anni hanno vissuto problemi di questo genere, pur non ponendosi mai limiti di investimento, prima di vincere in Italia e nel mondo. 

Alla luce delle conclusioni alle quali è giunto il procuratore federale Stefano Palazzi in merito all’ultimo capitolo di Calciopoli, è lecito, dunque, chiedersi chi e che cosa restituirà un po’ di giustizia alla Juventus. Se poi vogliamo spingerci oltre, una ulteriore interessante domanda scaturirà al termine dei tre gradi della giustizia ordinaria, qualora, come probabile, dovessimo assistere ad un ridimensionamento delle responsabilità del cosiddetto “sistema”.


Il mio auspicio è che l’attuale dirigenza bianconera vada sino in fondo alla questione e non lasci nulla intentato. Tradotto: richiesta dei danni economici e morali, inclusi quelli prodotti dalle sentenze “non emesse”. Già, perchè qualcuno dovrà poi spiegarci per quale motivo solo ora si sono prese in considerazioni intercettazioni a tinte nerazzurre risalenti, non a caso, allo stesso arco temporale di quelle finite nel calderone dei processi del 2006. Andrea Agnelli gode della stima della tifoseria, organizzata e non. E’ quindi invitato a non commettere l’errore di cinque anni fa, quando per chissà quale paura di bloccare i campionati, si andò ad elemosinare sconti e sconticini sulle penalizzazioni, rinunciando al ricorso al Tar del Lazio. Sarà stata colpa della frenesia? Forse, ma adesso il tavolo sul quale giocare è cambiato e anche il mazzo di carte è stato rimescolato. Il nostro conto l’abbiamo già ampiamente saldato. Ora non resta che andare avanti a testa alta con la consapevolezza che chiedere giustizia uguale per tutti non è solo uno slogan, ma un diritto di ogni cittadino, di qualunque fede calcistica. 

Se poi l’Inter volesse mai fare un gesto nobile e annunciare pubblicamente di voler far sparire dalla sua bacheca quel “maledetto” scudetto…beh, sicuramente darebbe un contributo positivo alla pratica del buon senso.

Piermaurizio Di Rienzo

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