Seedorf nostalgico: “Non ho salutato i tifosi, vuol dire che non è finito niente…”

Vento nostalgico dal Brasile per Clarence Seedorf. Il centrocampista del Botafogo, in un’intervista al Corriere della Sera, racconta i suoi ricordi più belli legati al Derby.

Solo fino a quattro mesi l’olandese indossava la maglia rossonera, oggi è passato a nuova vita, a Rio de Janeiro con la divisa bianconera del Fogao. Ma il cuore è ancora a Milano: “I derby più importanti? Ne cito tre: l’indimenticabile è il doppio incrocio in Champions nella semifinale del 2003, poi il 3-2 del febbraio del 2004 e infine la sfida di Pechino in Supercoppa dell’agosto dello scorso anno”.

Nel colloquio col quotidiano milanese Seedorf analizza il momento della squadra e la disaffezione dei tifosi: “La crisi si fa sentire, prima magari i tifosi effettuavano uno sforzo economico perché erano motivati dal vedere all’opera un determinato giocatore o erano ispirati dal gioco di squadra. Il Milan ha intrapreso una politica che porterà avanti nel tempo. Non bisogna guardare ai risultati attuali, ma al lungo periodo anche se la Juve per i prossimi cinque anni sarà la squadra da battere”.

Capitolo addiii e “Senatori”, compreso lo stesso Seedorf. “Dal Milan siamo partiti in tanti – ha spiegato l’ex numero 10 rossonero – di certo il cambiamento è stato traumatico”. Una nuova era che anche la società, secondo il giocatore, ha forse sottovalutato: “Diciamo che erano consapevoli del buco che lasciavano. Negli anni passati hanno dato l’addio grandissimi come Maldini, Costacurta, Cafu ma in ogni occasione c’erano giocatori pronti a sostituirli. Ora questo ricambio non c’è stato. Ecco perché l’impatto è diverso. Ma non spetta a me dire se è sbagliato: è stata una scelta. Di certo la società ora dovrebbe prendere in mano la situazione per indicare la strada con chiarezza”.

Infine una promessa: “Tornare da dirigente al Milan? Certo, perché no? Il rapporto con la società è sempre rimasto ottimo. Mi è spiaciuto non salutare i tifosi ma il non congedo è ancora più significativo perché vuol dire che non è finito niente. Il futuro nessuno lo conosce ma se ci fosse l’occasione, il ritorno sarà ancora più bello”.

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