Quando la logica si scontra col cuore. Il fumo negli occhi e l’inutilità dell’operazione Kakà

KAKA' 1Sicuramente la troverete una voce fuori dal coro, a molti di voi sembrerò poco sensibile, romantico manco a parlarne, qualcuno penserà che il mio cuore non è abbastanza rossonero e che il cinismo ha avuto la meglio sui sentimenti. Molto probabilmente vi sembrerà un’eresia e tanti addirittura mi accuseranno di blasfemia. In questi giorni il mio cuore è in forte contrasto con la mia testa, come spesso succede quando ci si innamora e non si riesce ad essere lucidi, presi come si è dal fuoco della passione. Kakà tornerà al Milan? Io continuo a sperare che non sia davvero così. Troppo forte è la sensazione che si vuole buttare fumo negli occhi del tifoso rossonero, che ci si vuol far perdonare da anni di prese in giro e di promesse non mantenute, che si vogliono toccare le corde dell’organo più sensibile di un uomo, quelle di cuori troppo legati ai ricordi straordinari che il brasiliano porta con sé. Ma ecco sei buoni motivi per dire di no.

Quanto vale effettivamente Kakà?  il dato di fatto è uno: fuori dal Milan, Kakà, è diventato un giocatore normale, non più al centro del progetto, non più terminale tecnico, non più stimato dal proprio allenatore. Ecco perché dei seri dubbi sul suo valore attuale magari non nascono spontanei, ma quantomeno sono legittimi. D’altronde il Milan di allora era ben altra cosa da quello attuale.  Fu messo al centro del progetto, facendogli ruotare attorno gente come Inzaghi, Rui Costa, Shevchenko, Pirlo, Seedorf, Crespo, e facendolo assistere e coprire da Nesta, Stam, Maldini, Gattuso. Insomma, fu davvero Kakà a fare grande il Milan o viceversa?

Ma non si era in piena politica di ringiovanimento?  Inutile sottolineare quanto un affare del genere si collocherebbe in controtendenza rispetto alla nuova politica milanista. Un 31enne, collocato peraltro a gennaio – e con notevole esborso economico – in un impianto di squadra che prevede tutt’altro: progressivo inserimento dei giovani, sfoltimento della rosa, cancellazione dei contratti onerosi, svecchiamento dell’organico. E tutti i discorsi sui top-young e sulla crisi? Ed Allegri che doveva sfruttare quest’anno di transizione per far crescere i ragazzi?

E la politica degli ingaggi? In estate sono stati venduti due pezzi da novanta, che a differenza di Kakà erano garanzia di affidabilità e successo. Si era detto che l’ingaggio di Ibra ed il valore di Thiago Silva erano un lusso per un Milan che doveva abbassare il tetto ingaggi e che per rientrare nei parametri di budget ha dovuto sacrificare i suoi due top player. Ed ora? Si danno 6 milioni, ovvero 12 lordi, ad un calciatore che non gioca da almeno cinque anni?  Insomma, obiettivo abbattimento del monte ingaggi. Cosa che, anche nella migliore delle condizioni (compartecipazione del Real allo stipendio di Kakà ed abbattimento dello stesso per iniziativa del giocatore) verrebbe smentita dai fatti. Il tutto, peraltro, dando per scontato – cosa per nulla accertabile – che Perez lo lasci libero, praticamente a zero, per 18 mesi, come chiede Galliani. Soldi che sarebbero potuti essere impiegati in qualcosa di molto più fruttifero, in un’epoca del genere.

Quali sono le priorità di questo Milan? Ma i veri problemi del Milan sono davanti? O forse quella è l’unica zona del campo in cui si è coperti? E a centrocampo ed in difesa? Evidente è che un’opzione così roboante toglierà tempo (e denaro) rispetto alle altre manovre in calendario, molte delle quali molto più impellenti e necessarie di quella Kakà. Perchè non buttarsi su gente molto più utile e faccio alcuni nomi a caso: Strootman, Nainggolan, Lodi, Astori. Ma una volta preso Kakà a gennaio, ed impegnati fior di milioni per il suo ingaggio, sarò difficile immaginarsi altre operazioni e, si sa, le priorità sono altre e Galliani ed Allegri lo sanno bene.

Le minestre riscaldate a Milano non portano bene. Senza andare a sviscerare ogni singolo caso con accuratezza, basta citare alcuni casi emblematici di ritorni fallimentari: Shevchenko, Sacchi, Capello, Gullit, Simone, Donadoni. Senza andare oltre: perché è scientificamente provato che il passato non influenza il futuro, ma più di due indizi fanno una prova.

Scelta di calcistica e di cuore o scelta politica?  Quanto si vuole il bene del Milan? Quanto il Diavolo è puramente uno strumento per una manovra esclusivamente politica, legata alla vicinanza delle prossime elezioni. Con Silvio in campo, però, la base elettorale rossonera è una realtà, non certo un’invenzione dei media. Ecco perché il Cavaliere non ha mai disdegnato di concentrare le sue piccole follie di mercato a ridosso degli appuntamenti importanti. E puntuale l’operazione Kakà sta scandendo i tempi di una rincorsa più che disperata a Palazzo Chigi.

Ma non è questo che serve al Milan, oggi, no: è ben altro. Serve un progetto serio, lungimirante, concreto e ben direzionato. Certi amori non si dimenticano, al cuor non si comanda ma non c’è più tempo per sbagliare ancora.

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