Quanto manca al famoso rilancio?

Fabrizio Villa collabora con SpazioMilan.it da settembre 2011, dopo esser stato realizzatore nel 2010 per Sky Sport. E’ opinionista a “Milan Time”, un’ora di notizie rossonere nel palinsesto pomeridiano di Radio Milan Inter (96.1 FM e canale 288 del DTT).

Prendendo in esame gli ultimi due decenni di storia calcistica mondiale, potremmo azzardare che questo, per il calcio italiano, è uno dei momenti più complicati. Sul piano economico, la disparità d’investimento in confronto ad altri paesi, inizia ad essere imbarazzante. Anche volendo per un attimo non considerare i competitor europei, si nota comunque che Brasile, Stati Uniti e persino l’India, hanno risorse finanziarie da dedicare, maggiori rispetto alle nostre e non di poco. Quest’aspetto rappresenta un fattore invalidante, è innegabile, e suona spesso come giustificazione per la nostra non competitività in campo internazionale. I soldi non sono tutto, è vero; c’è lo scouting, i settori giovanili, il lavoro sul campo, ma con la spinta dei conti in attivo, è tutto più semplice.

Dopo l’avvilente mondiale brasiliano degli azzurri di Prandelli, è arrivata la sconfitta del Napoli nel preliminare con l’oggi derelitto Athletic Bilbao, le difficoltà della Juventus nel suo abbordabile girone e l’impotenza totale della ‘speranza’ Roma al cospetto del granitico Bayern Monaco. Batoste pesanti, incassate una dopo l’altra. Colpi quasi da KO perché ci si era illusi di aver fatto qualche passo avanti, ma la realtà è che il calcio moderno, il Guardiolismo – il nuovo calcio totale – non l’ha ancora minimamente capito nessuno.

Il Milan in questo contesto, insegue affannosamente gli inseguitori. Le big europee non le vede nemmeno col binocolo. Bilancio traballante e progetti sportivi poco solidi. Poi c’è il campo: ritmi compassati, poca tecnica e moduli leggibili. Come se fossimo ancora incatenati ai tempi di Ancelotti, siamo indietro di almeno 10 anni. Intanto, lo stesso Carletto, altrove spiega a mezzo continente come progredire e come vincere.

Incappiamo tuttavia in errori grossolani, non solo in ambito agonistico. L’autogol mediatico di mercoledì sera non può passare inosservato. Ci riempiamo la bocca pensando al nuovo stadio, a come valorizzare il marchio Milan nel mondo, assumiamo affermati consulenti manageriali, per poi finire con l’organizzare il Trofeo Berlusconi in un freddo, piovoso mercoledì di novembre. In concomitanza con la Champions League. Senza alcuna diretta TV. Dopo la pessima prestazione contro il Palermo e prima della difficile trasferta di Marassi. Davanti a 5.135 paganti e udite udite, senza NESSUNO della Famiglia Berlusconi in tribuna. Ma come? E’ il trofeo di famiglia! Abbiamo invitato i detentori della scorsa Libertadores, i campioni dell’America Latina, la squadra del Papa e allo stadio non si presentano ne il Presidente, ne la figlia?

Le cadute di stile probabilmente non fanno più così rumore. Forse il distacco della proprietà nei momenti di difficoltà, non è più una novità. Forse la comunicazione non è più il pezzo forte della società. Forse ad un Milan mediocre iniziano ad abituarcisi un po’ tutti. Forse i 5.000 che hanno assistito alla partita col San Lorenzo verranno ricordati come gli eroici 60.000 di Milan-Cavese. Forse.

Twitter: @fabryvilla84

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