Quella volta che il Milan vinse in nove, sotto il segno di… Andrea Poli

L’8 febbraio 2017 è una data che non sarà ricordata all’infinito come il 28 maggio 2003 o il 11 maggio 2001, ma è una data che i veri tifosi milanisti difficilmente dimenticheranno. Resterà scolpita a lungo nella memoria dei rossoneri più accaniti, quelli che mercoledì sera hanno inveito, imprecato, esultato e sognato, davanti alla tv o allo stadio di Bologna. Sì, perché quello che si è consumato poco più di 48 ore fa al “Dall’Ara” può tranquillamente essere catalogato tra le più grandi imprese storiche del Diavolo. Una partita vinta in nove contro undici, acciuffata con i denti, con il cuore, con il piglio della squadra vera, con la voglia e la determinazione di nove leoni che non si sono fatti abbattere dalle discutibili decisioni dell’arbitro, ma hanno deciso di andare oltre e regalare, regalarsi una serata che resterà impressa nella memoria di tutti.

Impresa che acquista ancor maggiore valore se si pensa che è arrivata nel peggior momento stagionale, in un momento in cui la squadra arrivava da quattro sconfitte consecutive e sembrava stanca, sfiduciata, disunita. In realtà, a parte un avvio incoraggiante, il Milan di Bologna è stato deludente per lunghi tratti della partita. Ha concesso tanto ai felsinei ed è stato tradito da due dei suoi maggiori giocatori d’esperienza, Paletta e Kucka. Proprio dopo l’espulsione del centrocampista slovacco, che sembrava aver tolto ogni residua speranza di uscire da Bologna con dei punti, la squadra si è compattata ed ha saputo soffrire e colpire come spesso gli capitava nella prima parte di stagione. Questa volta, però, lo ha fatto con due uomini in meno in campo rispetto agli avversari e non è cosa da poco.

E proprio al 59′, all’ora di gioco, dopo la doppia ammonizione di Kucka che il Milan si è rialzato come una fenice dalle proprie ceneri. Donnarumma ha deciso di diventare un vetro infrangibile, Gustavo Gomez è stato sontuoso ed era su tutti i palloni, Vangioni è andato oltre il dolore, Pasalic ha corso per tre e si è inserito su ogni palla si gettava oltre l’ostacolo, Deulofeu ha continuato ad inventare e meravigliare con i suoi numeri. Più di tutte le altre, però, la mossa che ha cambiato la partita è stata quella che Montella ha effettuato al 62′ quando il tecnico rossonero ha sostituito il peggiore in campo (a parte i due espulsi) e sempre più evanescente Bacca, per inserire Andrea Poli. Chi? Sì, proprio lui, il criticato, il bistrattato, il (troppe volte) deriso Poli. Proprio lui che tante volte, anche dal sottoscritto, è stato preso come esempio per descrivere la pochezza della qualità dell’attuale rosa rossonera.

Tutti, però, a partire appunto dal sottoscritto, dovrebbero scusarsi con il centrocampista rossonero. Chissà quanti avranno pensato: “Già siamo in nove, poi fai entrare anche Poli, speriamo che questa mezz’ora passi in fretta”. Il nuovo entrato, infatti, poteva rassegnarsi. “Non gioco mai, perché dovrei dare tutto me stesso ora?”. Ed invece… Il nuovo entrato ha sfoderato una grinta e determinazione incredibile. Si è fatto male, ma dopo una fasciatura è rimasto in campo, stoicamente. Ha recuperato palloni, ha coperto, ha rilanciato. Ha corso e rincorso, finalmente non a vuoto, come troppo spesso gli capitava. Al 90′ ha incoraggiato la squadra su un calcio d’angolo avversario. Ha gridato per scuotere i compagni. In quel gesto si è vista nel suo volto una luce che non si vedeva da tempo. Non si è visto un panchinaro rassegnato alla sua condizione. Per un momento si è visto un Capitano. Con la C maiuscola.

Ed allora, grazie Andrea. Grazie, perché l’8 febbraio ti sei riguadagnato tutta la stima che un po’ avevi perso. Grazie, perché hai dato tutto per la maglia nonostante potevi fregartene, stanco com’eri di non giocare mai. Grazie, perché, assieme ai tuoi otto compagni ci hai reso orgogliosi di essere milanisti, come poche volte succede negli ultimi anni. Grazie, perché conserveremo sempre il ricordo di un 1-0 strappato con le unghie e con i denti in una fredda sera a Bologna. Una partita all’apparenza insignificante. Ma non è così, perché potremo raccontare per sempre di nove eroi che hanno fatto qualcosa di storico e di un vero uomo che è andato oltre al dolore e ha lottato come un leone.

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