Cambia l’allenatore, non il copione. Gattuso ha il compito di rinfrescare il Milan

Cambia l’allenatore, non il copione. Non si chiedeva a Gattuso di rivoluzionare il gioco di un Milan in mendo di una settimana, né di riuscire a trasmettere nello stesso tempo sicurezza e una mentalità vincente. Ma quanto meno di ristabilire un po’ di gerarchie e di ordine tattico, oltre che a trasfondere un pizzico di cattiveria in più, ad una squadra che, sotto la guida di Vincenzo Montella, è scesa in campo con ventitré formazioni titolari diverse in altrettante gare ufficiali dall’inizio della stagione. Nessuno pretendeva tiki taka o Sarrismo, quantomeno però di vedere i giocatori al loro posto. Cosa che invece non è avvenuta neanche a Benevento. Chi fiutava aria di cambiamento infatti domenica scorsa è rimasto parecchio deluso. Oltre alla consueta difesa a tre, sulla quale i tifosi nutrono ancora molto scetticismo, è toccato vedere ancora una volta un giocatore come Fabio Borini – va bene, forse uno dei migliori della prima parte della stagione – in un ruolo che non gli compete, ovvero quello di esterno di centrocampo. E soprattutto vedere ancora in panchina i due gioiellini rossoneri, André Silva e Cutrone, che due settimane fa hanno ben impressionato in Europa League, dimostrando buona affinità e cattiveria sotto porta.

Inoltre, con l’avanzamento di Bonaventura sulla linea degli attaccanti, ci si aspettava un tridente offensivo molto simile a quello visto lo scorso anno, con due esterni – Suso e Jack appunto – liberi di spaziare e guadagnare anche il fondo. Mentre – eccetto i rari casi coincisi non a caso con le due reti milaniste – siamo stati costretti a rivedere due mezzi trequartisti prevedibili e poco pericolosi, in particolar modo lo spagnolo.
E’ mancato coraggio insomma, e stupisce che a non averlo avuto sia stato proprio il guerriero Ringhio Gattuso. Dopo il mea culpa recitato proprio ieri, dal neo-tecnico rossonero si aspetta un’inversione di tendenza. Innanzitutto è necessario tornare a far giocare gli interpreti nel proprio ruolo di competenza. E la cosa più facile da applicare, in questo caso, è ritornare ad un sistema di gioco più funzionale ai giocatori a disposizione. Perché così come è vero che Leonardo Bonucci, arrivato a Milanello per caso scombinando per così dire i piani tattici rossoneri, predilige giocare in una linea difensiva composta da tre uomini che lo sgrava da importanti compiti di marcatura, lo è altrettanto che gli altri dieci acquisti apportati dalla coppia Fassone-Mirabelli erano destinati al modulo fino ad allora contemplato dall’Areoplanino: il 4-3-3.

Anche perché, non dimentichiamolo, il capitano del Milan lo scorso anno, quando indossava ancora la maglia bianconera, a causa dei lunghi e ripetuti infortuni del compagno di reparto Barzagli, ha giocato per quasi tutta la stagione in una difesa a quattro, contribuendo a costituire la miglior difesa della Champions League e aggiudicandosi insieme a Ramos il titolo di miglior difensore della stagione. Tornando all’antico sistema, Ricardo Rodriguez potrebbe così tornare a svolgere il tradizionale ruolo di terzino ma non solo, il play maker designato Lucas Biglia – apparso sicuramente come l’innesto più opaco e spento del mercato estivo milanista – affiancato da due mezzali come Kessiè e Montolivo capaci di interdizione e inserimento, risulterebbe certamente meno oppresso da oneri difensivi e più lucido in fase di impostazione. Fatto ciò, l’ultima pretesa che si può rivolgere al nuovo allenatore è quella che riguarda André Silva e Cutrone: fermo restando che Nicola Kalinic sia stato acquistato dalla Fiorentina per diventare l’attaccante titolare del Milan, i due giovanotti rossoneri meritano sicuramente qualche chance in più, soprattutto per donare freschezza e vitalità ad una fase offensiva mai come in questi mesi scialba e sterile.

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