Dirige l’orchestra il M° Stefano Pioli: il Normal one divenuto Special

Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti: io nel vedere quest’uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l’amore
“.

Recita così “Il Testamento di Tito” dell’immenso Fabrizio De Andrè. L’amore come soluzione ultima; l’amore viscerale per salvare il mondo. Mentre esali l’ultimo respiro, il sentimento più puro continua ad andare oltre. Non serve fede per credere. Ed è oltre quell’ultimo respiro, prima citato, che sono andati Paolo Maldini, Zvonimir Boban e Frederic Massara, quando hanno scelto Stefano Pioli per la panchina del Milan.

Era un fredda sera d’Ottobre quando Marco Giampolo – lunedì 7 Ottobre – venne informato dell’esonero da parte del Milan. Un avvio di stagione altalenante, l’ennesima rivoluzione di fango dietro l’angolo. Il martedì seguente la società rossonera trovava l’accordo con Stefano Pioli. Arrivato tra la sconforto generale dei tifosi del diavolo, l’ex tecnico dell’Inter, in punta di piedi, ha preso man mano le redini del gruppo e ha trasformato il buio delle rivoluzioni in luce. Lavoro, dedizione, poche parole, mai una polemica. Il Pioli rossonero si è imposto con la consapevolezza di chi conosce i propri mezzi, costruendo, mattone dopo mattone, una piramide di meriti.

NUMERI ALLA MANO, MILAN L’È SEMPER UN GRAN MILAN

23 partite consecutive senza sconfitta, frutto di 18 vittorie e 5 pareggi: 60 reti realizzate, solo 21 subite. Un cammino impensabile sino a qualche giorno prima del lockdown generale; una marcia che scolpisce la bontà del lavoro di Pioli. Il normal one arrivato per portare serenità ad un diavolo indomabile. Il normalizzatore che ha reso il Milan una squadra da vertice.

Il primo grande merito di Stefano Pioli è l’aver messo ogni calciatore nel ruolo naturale. Un 4-2-3-1 molto europeo che regala ai rossoneri gioco e tanta qualità offensiva. Giampaolo e Gattuso, così come gli allenatori precedenti – il sottoscritto difenderà sempre l’operato dell’attuale tecnico del Napoli – hanno commesso un errore grossolano: questo errore porta il nome di Hakan Calhanoglu. Il fantasista turco, che già a Leverkusen aveva mostrato doti fuori dal normale, tanto da attirare le attenzioni di un certo Pep Guardiola, è il perno del Milan. Giocatore di classe superiore rispetto alla media, Calha è stato posizionato nel ruolo naturale, trequartista, libero di agire e di inventare, di imbucare per i compagni, di muoversi tra le linee per produrre azioni offensive.

Capitolo Kessiè: l’ivoriano, spesso criticato per le qualità tecniche, è diventato il perno tattico del Milan di Pioli. L’ex Atalanta è fondamentale in fase di possesso, dove riesce ad imprimere accelerazioni, e di non possesso, dove è fenomenale nel rompere le linee di gioco avversarie, assieme ad un altro capolavoro di Pioli, che porta il nome di Ismael Bennacer. E non solo: a questi si aggiunge Alexis Saelemaekers, calciatore troppe volte sottovalutato, che può ricoprire più ruoli a tutta fascia. Una doppia fase egregia, di qualità e quantità: sempre pronto a raddoppiare in fase di non possesso, quando il terzino destro necessita, sempre sul pezzo nell’accompagnare le scorribande offensive rossonere. Un giocatore tatticamente utilissimo. Bravo Pioli, bravissima la dirigenza rossonera nel portarlo a Milano.

Ma non è finita: Simon Kjaer. Il colosso, la Muraglia cinese del Diavolo. Altro riff della sottovalutata dirigenza milanista. Il danese è un difensore di grande spessore, un leader naturale e un centrale di sicuro affidamento. Spesso si ama criticare a priori: la parte più bella è quando il soggetto in questione cancella le critiche e scrive un nuovo capitolo della propria storia. Per ulteriori informazioni sbirciare la carriera di Simon Kjaer.

IL LIDER MAXIMO ZLATAN E LA RIVOLUZIONE TATTICA

Descrivere le gesta di Zlatan Ibrahimovic è un onore: tramandarle di padre in figlio, di madre in figlia, un dovere. Il suo acquisto sembrava la classica “minestra riscaldata” di un Milan che viveva di ricordi ed emozioni, forti, impresse nel passato. I più non hanno mai considerato quello che è veramente Ibra: uno dei calciatori più forti di sempre. Non solo per qualità tecnico-tattiche: leadership, carisma, la capacità di alzare il livello dei propri compagni, la capacità di far crescere la mentalità altrui. Un vincente. E i vincenti servono sempre. Anche a 39 anni. Perchè Zlatan è la luna che cerca la propria onda infrangersi sullo scoglio.

Ibra è fondamentale per questo Milan – da trascinatore, bomber, perno offensivo – così come lo è Stefano Pioli. Il tecnico di Parma ha portato il suo credo tattico e ha avuto la brillantezza di stravolgere il modo di giocare dei rossoneri, troppo spesso rinunciatario negli ultimi anni. Un diavolo che si difendeva e ripartiva. La musica è cambiata: il bastone dei primi mesi si è trasformato in bacchetta. Il Milan è diventato un’orchestra sinfonica che vola sulle note dell’entusiasmo e della freschezza. Leao esterno è devastante nell’uno contro uno, riesce ad allungare le squadre avversarie ed è una spina difficilmente contrastabile. Saelemaekers, Castillejo e Diaz sono variabili impazzite su un diagramma di luce. Ibra, Hakan, Romagnoli, Kjaer, i leader di un mix perfetto tra giovani ed esperti. Kessiè-Bennacer una diga che riesce ad arginare e cambiare il flusso in impeto. Aspettando Tonali, l’estro del mercato rossonero. E il ritorno di Ante Rebic, fondamentale nello scacchiere tattico.

È il Milan di tutti. È il Diavolo dove anche Krunic risulta fondamentale tatticamente. È il Milan dei ragazzi terribili. Una storia da raccontare: di amore puro, viscerale. Di continuità, sogni e speranze future. Di cieli troppo bui che cercano un raggio. Di stagioni e di tenebre. Di diavoli e predestinati. Piedi per terra, nessun volo sensazionale. Non c’è ancora un domani definito, c’è solo un orizzonte da varcare. Sotto l’egida guida del “normal” one divenuto special. Ci perdonino Mou e gli interisti.

Vorremmo che l’oggi restasse oggi senza domani. O che il domani potesse tendere all’infinito.

Dirige l’orchestra il M° Stefano Pioli.

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