Marta Carissimi: “Ho lasciato con serenità il calcio giocato. Il Milan? Ha fatto grandi investimenti, ora l’organico è più completo”

Marta Carissimi, semplicemente un pilastro del calcio femminile italiano, una centrocampista dalle indiscutibili doti tecniche. Al termine della scorsa stagione nonostante i suoi 33 anni ha scelto di dire addio al calcio giocato per dedicarsi ad altre attività. Marta, laureata in ingegneria gestionale presso il Politecnico di Torino, ha vestito la maglia della Nazionale Italiana per molti anni collezionando 55 presenze e tre reti. In Italia ha giocato con Torino, Inter, Bardonlino Verona, AGSM Verona, Fiorentina e infine Milan. Per un totale di oltre 300 presenze nella massima Serie italiana.

Marta Carissimi si è raccontata in esclusiva ai microfoni della nostra Miriana Cardinale.

Ha giocato per anni con i maschi, oggi spesso le bambine si trovano a giocare da subito in una squadra femminile. Quali pensa siano stati i vantaggi di giocare con i maschi?

“È un cambiamento: io sono stata obbligata ad iniziare a giocare con i maschi. All’epoca giocare con i maschi mi ha promesso di giocare nella squadra del mio paese. Per me come per tante altre ragazze è stata una grande possibilità, ho potuto giocare con i miei compagni di classe ed è stato bello perché abbiamo condiviso tanto. Io ho avuto una deroga al regolamento e ho giocato con i maschi fino a 15 anni. Il mio ultimo anno è stato molto formativo perché mi trovavo ad affrontare dei ragazzi già formati e dal punto di vista fisico penso sia stato per me molto formativo. Ora le bambine sono fortunate perché possono fare la scuola calcio in squadre affiliate ai grandi club. Questo per me è un grandissimo vantaggio. Però il vantaggio più grande penso che sia il fatto che tante bambine possono giocare a calcio ora e penso che possa anche aiutare per abbattere i pregiudizi che spesso giocando con i maschi si possono sentire.

Ha giocato ma soprattutto vissuto in Islanda, innanzitutto com’è vivere in una Nazione così differente rispetto alla nostra. Ci parla del calcio islandese?

“Io ho fatto una stagione, lì sono stagioni semestrali legate ovviamente al clima. Personalmente è stata un’esperienza incredibile e formativa sotto tutti i punti di vista. Culturalmente sono veramente diversi da noi, sia per cultura sportiva ma anche sociale e umana. Il confronto con loro mi ha davvero permesso di crescere e mi ha reso una persona migliore. Ho avuto la fortuna di essere circondata da persone eccezionali. In Islanda è un calcio molto più fisico e meno tattico, io mi ci ritrovavo molto a livello di mentalità: applicarsi sempre e lavorare. L’apprezzamento più grande che possono avermi fatto è stato quando le mie compagne mi hanno detto che gli avevo fatto cambiare idea sugli italiani. La loro idea era quella di persone con poca voglia di allenarsi e che si lamentavano spesso con gli arbitri. Io ero la prima ad arrivare, l’ultima ad andarsene e non ho mai fatto polemica con gli arbitri. Questo rispettava molto il mio modo di essere, loro hanno un modo di approcciarsi diverso dal nostro: noi spesso tendiamo a guardare spesso gli altri e meno noi stessi. Loro invece sotto questo aspetto sono d’esempio, si aiuta sempre la compagna. Vivere in questo contesto mi ha permesso di crescere ancora di più. L’incontro con il diverso secondo me porta sempre ad una crescita.”

Parliamo del suo ruolo: la centrocampista. Il suo compito era quello di dare equilibrio alla squadra. A livello mentale quali pensa che siano le caratteristiche che una persona deve avere per diventare una brava centrocampista?

“Io penso che prima di essere una brava centrocampista devi essere una brava atleta quindi disciplinata e determinata. Ognuno ha le sue caratteristiche: io, come hai detto, davo grande equilibrio alla squadra, intelligenza calcistica nel fare l’interesse della squadra, ero molto attenta alle due fasi e a far sì che tutto funzionasse al meglio. Ci sono giocatrici che hanno magari caratteristiche più offensive e quindi più genio. Io non penso esista la ricetta del centrocampista ideale ma penso dipenda molto dalle proprie inclinazioni e da come l’allenatore vuole giocare. Non esiste un centrocampista ideale. Secondo me però è importante che ogni giocatrice riconosca le proprie caratteristiche vada a rafforzare i propri punti di forza e a migliorare i punti di debolezza e che esprima nel migliore dei modi le proprie caratteristiche a favore della squadra.”

In carriera ha vinto tanto ma soprattutto ha giocato con tante grandi calciatrici. Da quale è rimasta maggiormente colpita e perché?

“Ho avuto la fortuna di giocare con tante grandi giocatrici della generazione precedente. Da subito ho cercato di osservare tanto cercando anche di rubare tanto. Sia a giocatrici che facevano il mio stesso ruolo sia a giocatrici che ne facevano altri ma di cui apprezzavo delle caratteristiche. Penso a Rita Guarino, Patrizia Panico, Elisa Camporese, Federica D’Astolfo. Quando io ho iniziato Elisa Camporese era la giovane emergente: aveva qualche anno più di me ed un ruolo affine al mio. Ne citerei tante, alcune magari sono state meno sotto ai riflettori ma ho sempre cercato di cogliere quello che io reputavo il meglio da tutti. Sicuramente della generazione prima della mia ho apprezzato la loro grande personalità, determinazione e la loro fame.”

Ha scelto di appendere gli scarpini al chiodo. Che emozioni ha provato ad entrare in spogliatoio l’ultima volta?

“Se c’è un purtroppo in tutto questo mi dispiace non aver concluso la stagione, non perché avrei voluto fare l’ultima partita, non avevo bisogno di questo. Però come per tutti quando si inizia una stagione piacerebbe a tutti finirla, soprattutto con il Milan: eravamo in una situazione di classifica molto particolare e mi sarebbe piaciuto vedere come il percorso di crescita che stavamo facendo sarebbe finito. Quindi non c’è stata proprio un’ultima volta, è stata una stagione molto particolare, interrotta e poi ripresa con gli allenamenti. Non ho avuto un ultimo giorno, però come hai detto è consapevole e la cosa bella è che è stata una scelta naturale: sentivo di aver finito un percorso e ho lasciato con grande serenità il calcio giocato.”

Come vede il Milan quest’anno?

“Il Milan penso che nel mercato estivo abbia fatto gli investimenti più importanti perché ha cambiato tante giocatrici. Ne ha comprate tante a livello internazionale di grande spessore, è una squadra che ha iniziato tre anni fa questo percorso di crescita aggiungendo ogni anno qualche tassello in più. Ora il Milan io penso che come organico sia più completo.”

Cosa consiglierebbe ad una bambina che oggi vuole intraprendere la sua carriera di calciatrice?

“Io le consiglierei di seguire le proprie passioni e di fare ciò che la fa stare bene, poi come tutte le cose dev essere un divertimento e non bisogna mai perdere la gioia di fare il proprio sport anche se poi diventa un lavoro. Fare della propria passione il proprio lavoro, in qualsiasi settore, io penso sia la più grande fortuna. Io auguro di intraprendere questa carriera, ci saranno tanti momenti di difficoltà e mollare a volte sarebbe la scelta più facile. Però sarebbe anche la scelta di cui ci si pentirebbe immediatamente. Io auguro loro di divertirsi e che abbiano la possibilità di diventare delle calciatrici, quindi se questo è il loro sogno che diano tutte loro stesse per poterlo raggiungere. A qualsiasi livello possano arrivare è il percorso che si vive che comunque ti permette di crescere e di avere grandi soddisfazioni, quando si fa il proprio massimo si è sempre soddisfatti.”

Qui in basso l’intervista completa in esclusiva.

https://www.spazioj.it/2021/01/22/esclusiva-sj-marta-carissimi-il-vero-segreto-della-juventus-women-e-rita-guarino-il-livello-cresce-ogni-anno-auguro-grandi-cose-ad-arianna-caruso/

Simone Nasso

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