La situazione: puntare sull’orgoglio e sull’addio al 4-3-1-2

Ora c’è poco da dire, c’è solo da fare risultati. Cumulando i punti delle due stagioni precedenti, il Milan sarebbe primo. Allegri merita il sostegno e il rispetto da parte della società per quanto ha fatto“. Le parole di Adriano Galliani suonano più come una campana a morto, che come una vera e propria (ennesima) difesa all’allenatore rossonero. Il tutto all’indomani di un ritiro che a Milanello non si vedeva a occhio e croce da più di 14 anni: era la stagione 1997/98, l’anno infausto di Don Fabio Capello, con un Milan che tornava proprio dall’Olimpico (romano, però) con le ossa rotte e un 5-0 da tragedia.

Oggi, se non siamo nella tragedia, poco ci manca. Anche perché, se già il presente è molto lontano dal roseo, il futuro è altrettanto ben lungi dal poter essere inquadrato positivamente. Il perché, o meglio, i perché tenta di spiegarceli la collega Monica Colombo sul Corriere in edicola oggi: ritorno all’antico, formula Beckham, con un Alessandro Nesta che tornerebbe temporaneamente a casa nella pausa della MLS e con un Gennaro Gattuso che, chissà perché, dovrebbe abbandonare l’erba, il cioccolato e la sana aria svizzera per immergersi, spalla a spalla con Mauro Tassotti, in un vortice d’incertezza senza precedenti. Tutti conti senza l’oste, come al solito.

L’ipotesi più praticabile al momento, al di là del ritiro in sé, è che l’ad convinca, pardon, obblighi Allegri a non schierare mai e mai più il 4-3-1-2, il modulo cardine del livornese, accantonato con molta difficoltà e ripreso alla prima occasione utile (vedi le dichiarazioni di settimana scorsa di Nocerino, il cui trend stagionale non è certo migliorato sabato a Roma). A Malaga torna Abbiati al posto di Amelia, anche se c’è chi invoca già Gabriel, mentre De Jong dovrebbe far coppia con capitan Ambrosini. Montolivo? Confermatissimo, ma spostato un po’ avanti. Immaginate al posto di chi…

Twitter: @Chrisbad87

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